lunedì 29 giugno 2009

Link gossipparo per guardoni indiavolati


Sabato il Giornale ha pubblicato un'intervista esclusiva a Gianpaolo Tarantini. Per chi non può fare a meno di continuare a frugare nel fango del pettegolezzo, il Pennivendolo segnala il link. Poi però basta...

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=362137

giovedì 25 giugno 2009

La sottile linea del confine


Tanto per alleggerire (si fa per dire) i temi political-barbosi che sto trattando in questo periodo, vi propongo un articolo che ho scritto qualche mese fa per il quotidiano online dell'Università Cattolica. Che senso può avere riproporre un pezzo a distanza di mesi? Le notizie invecchiano, no?
Sicuramente si, ma alcune sono come il vino buono: con il tempo migliorano. L'idea di riproporre questo pezzo è nata parlando con una collega alle prese con un articolo sui 20 dalla caduta del muro di Berlino, così mi sono chiesto che senso può avere alla fine del primo decennio del nuovo millennio prlare di confini. Nell'articolo compaiono le dichiarazioni di Predrag Matvejević, scrittore slavo naturalizzato italiano nonché esperto europeista, messe a confronto con quanto uscito dalle discussioni italo-israeliane tra Abraham Yehoshua (אברהם ב. יהושע) e Claudio Magris.
A seguire il link:

http://www.magcity.it/pls/unicatt/mag_gestion_cattnews.vedi_notizia?id_cattnewsT=8422

God save the Queen


Uffa che barba. A distanza di nemmeno quattro ore dalla pubblicazione del link contenente la lettera aperta di Cossiga, mi sono imbattuto in un commento firmato da John Lloyd, editor del Financial Times, pubblicato da Repubblica. Mi è preso un pizzico di sconforto pensando alla situazione politica britannica di questi giorni, ai trascorsi di cui parla Cossiga nella sua lettera rispetto a quanto scriva Lloyd. E pensare che ero tornato estasiato da una discussione proposta al Festival del Giornalismo di Perugia tra Lloyd e Gianni Riotta. Peccato, adesso ci fanno la predica da oltremanica...
Dio Salvi la Regina (e magari anche i Labour)

A seguire il link dell'intervento dell'editor del Financial Times
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/06/24/se-in-inghilterra-il-primo-ministro.html


mercoledì 24 giugno 2009

E se Cossiga avesse ragione?


Per chi non avesse avuto l'occasione di leggerla, pubblico il link della lettara inviata dal presidente emerito Francesco Cossiga al Corriere della Sera. E se il picconatore avesse ragione anche questa volta?

http://www.corriere.it/politica/09_giugno_22/cossiga_lettera_aperta_berlusconi_147b1e22-5ef1-11de-bd53-00144f02aabc.shtml

La bastonata dopo la scelta. Coraggio a chi ci mette la faccia


Bavaglio e divieto di scelta di una linea editoriale. E' subito una questione di berlina pubblica: basta sganciarsi dal pensiero benpensante per un attimo ed ecco che da autorevoli giornalisti si finisce nel tritacarne della spazzatura informativa. Augusto Minzolini è stato coraggioso. E' o non è il direttore del primo Tg nazionale? E' o non è il direttore di una testata giornalistica statale? La risposta è sì. Direttore, colui che dirige e sceglie la linea editoriale. Servo del potere? Perché no, in fondo non dimentichiamoci quel simpatico balletto che si chiama lottizzazione Rai, ma di fatto un direttore deve essere libero di dire quello che ha detto Minzolini, libero per una volta di dividere il gossip dall'informazione politica, scindere il pettegolezzo dal servizio pubblico. Qui non si tratta di inchiodare Berlusconi con la testimonianza di una squillo di lusso, per quello stanno già lavorando alacremente i magistrati baresi, qui si tratta per una buona volta di fare marcia indietro per ricercare quella dignità che la professione giornalistica sta perdendo dietro all'ennesimo bel fondoschiena che ha varcato il portone di Palazzo Grazioli. Il Tg1 ha scelto di dedicare maggiore spazio alla questione iraniana rendendo grazie al bel lavoro svolto da Tiziana Ferrario da Teheran, piuttosto che entrare in merito all'ennesimo scandalo gossipparo legato al Premier. E non si tratta di malafede. Altrimenti Minzolini non ci avrebbe messo la faccia. Io non ci trovo nulla di male, tanto per soddisfare la sete di scandalo pepato ci sono già le pagine di illustri quotidiani italiani.
Resta un elemento a lasciarci però ancora un poco nel dubbio. L'articolo 6, comma 2, del regolamento deontologico giornalistico afferma che "La sfera privata delle persone note o che esercitano funzioni pubbliche deve essere rispettata se le notizie o i dati non hanno alcun rilievo sul loro ruolo o sulla loro vita pubblica". Letto così c'è poco da fare: al momento non c'è un capo d'accusa per Berlusconi e, che se ne voglia, queste non sono certo informazioni che minano la governabilità (fino a un coinvolgimento diretto da parte della procura), ergo la scelta di Minzolini rientra nei binari deontologici. Resta però leggittima la posizione di coloro che invece ritengono indispensabili e fondamentali questo genere di informazioni. Posizione sacrosanta da cui mi dissocio (sintono che ancora una volta la deontologia la si può leggere anche al contrario, al buio e sott'acqua che tanto...).
A questo punto è un altro il tema che andrei a sondare. Un punto che, a mio modesto parere, dovrebbe essere la vera materia d'indagine e di critica dei giornalisti d'assalto che inchiostrano pagine su pagine con la questione barese. Se ricordate la vera contraddizione è che questo governo ha varato un ddl rivoluzionario che dal 1958 (Legge Merlin) per la prima volta riapre la discussione sul tema della prostituzione, e adesso il Premier firmatario dello stesso si ritrova nel mezzo di una bufera legata a squillo di lusso (ammesso che sia tutto vero e che i pm vadano a fondo nella questione). Il succo del ddl parla chiaro: prostituirsi continuerà a non essere reato ma sarà vietato farlo per strada. E chi trasgredisce, professioniste e clienti, potrà essere punito anche con l'arresto. Dove voglio arrivare? Se la brama di scavare in questi meandri turpi fatti di cosce al vento e seni al silicone è troppo forte per alcuni cronisti, questi abbiano almeno il buon gusto di trovare dei temi accattivanti che quantomeno possano sembrare argomento di approfondimento giornalistico e non l'ennesimo pettegolezzo della suocera. Io ve ne ho indicato uno, ma non apettate che vi dia altri spunti. Buon lavoro.

domenica 21 giugno 2009

Siamo consci del concetto di provocazione?


Si è parlato molto sui giornali recentemente del significato profondo della "provocazione"in arte. Un atto, una parola, un concetto che certamente non ha la presunzione, almeno nell'arte, di definire la metria stessa di cui si sta parlando, ma piuttosto di creare una cornice aggiuntiva a quella già apposta dall'arftista all'opera stessa. Un surplus insomma. Per dirla in termini metafisici potrei azzardare che io non sono il mio volto, nemmeno i miei gesti. Sono loro che hanno scelto me per manifestarsi. Una visione hideggeriana dell'arte ci porterebbe quindi a coglliere quello spirito provocatorio come essenza stessa dell'atto artistico. L'arte non è il risultato ma l'atto che ci porta al definitivo valore. Probabile? Lascerei però ad altri la risposta e tornerei a fare il giornalista.
Sfogliando del materiale sulla cara Biennale veneziana ho colto invece un astio generalizzato verso la vena irriverente della provocazione, quello sberleffo al pudore tanto caro a De Sade che pone l'uomo in una biunivoca dipendenza dallo sconcio, al volgare o al grottesco come se non potesse farne a meno. Siamo umani mica divini. E quindi la laguna abbonda di manichini annegati, specchi rotti (notoriamente riconosciuti come portatori di sfiga), ai porno deliri di Paul McCarthy (da non confondere con il Beatle Paul McCartney).
Senza però andare a ravanare negli antri oscuri dell'arsenale veneziano, nella tranquilla Crema un giovane artista si è visto censurare una sua opera d'arte inserita nella kermesse culturale della cittadina lombarda perché irrispettosa e provocatoria. Il quadro si spiega da sé (vedi fotografia pubblicata), e buon gusto a parte, il Pennivendolo sposterebbe la sua attenzione verso un concetto ben preciso della questione: la provocazione appunto.
E' chiaro che il giovane artista ha compiuto un mero atto provocatorio con la stesura di questo lavoro, ma appunto perché un individuo è conscio del fatto che il proprio operato va a urtare contro quelli che vengono definiti poteri forti, allora perché non dovrebbe aspettarsi una reazione dura e decisa dagli stessi poteri che si è voluto attaccare? Supponiamo che nessuno avesse detto nulla davanti a questo ritratto del prete sporcaccione, allora vorrebbe dire che non ci si troverebbe alle prese con una provocazione ma con una normale situazione dentro le righe imposte dai poteri. E invece no! Qualcuno si è arrabbiato, e non poco, ed è arrivato a usare il malefico mezzo della censura. Quindi l'atto provocatorio è servito a ciò per cui è stato creato, scuotere le coscienze. Ma c'è dell'altro: il semplice fatto che io, come molti altri, stiano ancora parlando di questa vicenda è di per se una vittoria per Nemo (l'artista). Non si tratta di una condivisione di valori trasportati dentro al quadro (dai quali mi dissocio completamente), quelli li si lascia all'individualità dello spettatore, il discorso è fondato al limite della filologia e della logica del linguaggio. Quindi forza Nemo, coraggio, ti hanno censurato, ma hai ottenuto comunque un successo. La provocazione quindi ha bisogno di un apparato di regole ben precise contro cui scagliarsi, di una rete da cui fuggire. Un modno anarchico ci priverebbe del gusto della trasgressione perché non ci sarebbero regole da infrangere. E' qui che nasce la provocazione: la consapevolezza di essersi messi contro i poteri forti. Però attenzione: dietro questo atto volontario c'è la possibilità di essere bastonati, ma si sa, per poter vincere alto sul tappeto verde occorre rischiare tanto.
Non basta quindi giocare a fare i rivoluzionari per poi lagnarsi perché qualcuno risponde ai vostri atti d'accusa a colpi di mannaia e manganello. Non è che così che funziona. Segliere la via provocatoria è spesso cosa difficile, un atto che per non rimanere fine a se stesso deve denotare preparazione, studio e fede nella causa lanciata dal provocatore, altrimenti è meglio lasciar perdere.

martedì 9 giugno 2009

Travi e pagluzze a confronto


“Perché osservi la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello e non scorgi la trave, che è nell’occhio tuo? E come puoi dire al tuo fratello: «Fratello, permetti che io ti levi la pagliuzza che è nell’occhio», non vedendo la trave che hai nel tuo occhio? Ipocrita! Leva prima la trave dal tuo occhio; ed allora vedrai di togliere la pagliuzza, che è nell’occhio del tuo fratello”.
(Matteo, 7, 1-5)

Franceschini è cattolico? Chissenefrega, anche se non lo fosse non credo che questo passo del vangelo di Matteo sia per lui cosa nuova. Nella conferenza stampa del post disastro elettorale democratico il segretario ha pronunciato le seguenti parole: "Abbiamo raggiunto due obiettivi: la conferma del progetto del Pd e lo stop delle destre". Ma c'è dell'altro: "il governo è minoranza nel paese" e aggiunge "è svanito il mito dell'invincibilità di Berlusconi".
Che il Pdl non abbia sfondato quel muro d'invincibilità siglato dal 40% delle preferenze è vero, si è fermato "solo" al 35,3%, consacrandosi, che piaccia o meno, comunque
il partito italiano di maggioranza assoluta, (l'ipotetico 40% avrebbe significato vero e proprio record da memoria democristiana, rendiamocene conto). Che il Pennivendolo non simpatizzi per piazza del Nazzareno è cosa chiara e arcinota, ma qui ci troviamo proprio a cavallo della pura cecità politica. Come è possibile andare ad attaccare questo presunto insuccesso berlusconiano a monte di un disastro fisso al 26,1% che in altre cifre si traduce nella perdita di ben 4,1 milioni di voti rispetto alle politiche del 2008 e 2,1 milioni rispetto alle europee del 2004. Per non parlare dello scenario post atomico lasciato dalle sinistre europee: me lo vuole spiegare Franceschini che destra pensa di avere fermato? Booh... A Strasburgo, nelle file del Pse, c'è gente che si strappa i capelli e qui in Italia si festeggia per avere fermato la destra.
Per fortuna nel Pd c'è qualcuno che il politico lo sa fare e bene. Grazie a dio, perché un'opposizione forte è la garanzia del funzionamento democratico, peccato che questa non sia né opposizione né forte. Mentre Franceschini cerca le pagliuzze altrui, Bersani, lapidario ha affittato un carro attrezzi per levargli la trave dall'occhio: "Il Pd non è morto. Anzi, visti i risultati, è al mondo. Ma bisogna anche dire che non va bene così". Qui non si tratta di vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, ma rimboccarsi le maniche e capire perché in Italia (le amministrative parlano da sole) e in Europa soprattutto, la ricetta progressista non sembra più andare di moda.
Qualcosa deve essere cambiato e ciò è fuori dubbio. Il Pennivendolo la pensa come Prodi, ci sono pagine che devono essere girate. Volti da sostituire, elettorato frammentato e la concorrenza di tanti moscerini della sinistra radicale: urge un intervento di polso (e il boom di preferenze di Debora Serracchiani non è un caso). Massimo D'Alema, uno dei più critici del Pd, ha dichiarato che rispetterà la tregua, mentre Fioroni gli lancia frecciatine quasi a voler prendere le difese del segretario prima ancora si sia scatenato l'inferno. Bersani dalla sua invece è iperattivo e si muove contattando febbrilmente personaggi come Goffredo Bettini ed Enrico Letta; che nell'aria non ci sia sul serio voglia di cambiare? Ricordo che Veltroni se ne andò dopo un insuccesso di proporzioni ben più contenute, anzi. Franceschini che farà?
Perché l'astensionismo non è scusa buona per tutti. I sondaggi di Renato Mannheimer parlano chiaro: i voti persi dal Pd sono stati andati a qualcun'altro e non sono rimasti nel buio dell'astensionismo.

lunedì 8 giugno 2009

La pagella elettorale del Pennivendolo


Alla luce dello spoglio delle urne elettorali urgono tre considerazioni portanti. Il Pdl ha vinto ma non come si aspettava, il Pd è alla frutta, la sinistra moderata europea incarnata nel Pse è praticamente alla deriva. Sono tre osservazioni oggettive, non faziose, che devono fare riflettere sulla tendenza continentale d'abbandono delle tesi neo-labour di matrice blairiana o relativiste zapateriane, a scapito della crescita dei partiti del "mal di pancia", quei partiti che rispondono alla base elettorale con lo stesso linguaggio, portando la discussione politica al livello del cittadino e non viceversa: mi riferisco in particolare all'Italia dei valori di Di Pietro e alla corazzata della Lega Nord. Ma andiamo con ordine. Dicevamo che il Pdl si è dovuto "accontentare" di un 35% contro lo sfondamento del muro del 40% che si predicava prima della chiamata alle urne. Ignazio La Russa un'idea se l'è fatta (e purtroppo non si taglierà il pizzetto come promesso), ovvero probabilmente il cavaliere ha sbagliato a spingere così tannto la Lega Nord con le recenti promesse del governatorato del Veneto e l'appoggio per Podestà alla provincia di Milano. Altri sostengono che l'onda lunga del caso Noemi non si sia ancora esaurita e che un ulteriore calo di consenso arriverà più avanti. Veline, tettine e chiappette a parte, il Pennivendolo sostiene che il complice della calata di consenso è stato l'astensionismo: in Italia hanno votato 66,5% contro il 73,1% del 2004, segno che la coscienza d'appartenenza continentale non è porprio forte tra noi italiani.
Vuoi la morsa dell'astensionismo, che si sa penalizza i grandi partiti a scpito di quelli degli incazzati cronici (Di Pietro e Bossi li avete mai visti felici una volta?), unito all'annunciata mancanza di leadership franceschiniana, il Pd invece è franato rovinosmante sotto il fantomatico muro del 28%, ipotetica garanzia della sopravvivenza del partito. 26,13% è proprio un brutto numero per Franceschini & co. che già ieri, a urne ancora chiuse, già erano riuniti per decidere le linee per il futuro del Pd. C'è un elemento che deve fare riflettere: sebbene la campagna elettorale sia stata disastrosa dal punto di vista politico, tanto che Napolitano non ha mancato di farlo notare più di una volta, il Pd un programma dettagliato per le europee lo ha redatto. E questo deve proprio far infuriare l'elettorato democratico. Perché? Ma è chiaro. Scusate, il Pdl non ha nemmeno stilato un programma dettagliato se non riproponendo l'adesione al Ppe, mentre il Pd si è preso la briga di lavorare a un progetto (più o meno condivisibile, ma non è questo il punto) per poi nasconderlo accuratamente nel cassetto e fare campagna elettorale sulle tette delle amichette del premier. E' una verità che non mi spiego, ma anziché allontanrsi dal gossip che si mangia la politica, Franceschini ci ha sguazzato dentro alla grande. A parere del Pennivendolo questo è stato un enorme errore politico. Per scoprire che il Pd aveva un programma proprio sono dovuto andare a cercare sul sito e frugare nei suoi meandri telematici, come se si vergognassero di questo lodevole strumento politico.
Quello del Pd non è un caso sporadico: le grandi sinistre europee sono letteralmente a pezzi. Dopo che Zapatero ha nscosto alla non più cattolicissima Spagna la crisi economica e la stessa non più cattolicissima Spagna ha scoperto che il tasso disoccupazione è schizzato al 18%, insomma ai non più cattolicissimi spagnoli sono girati i maroni. Ma cambiamo aria: nella plumbea City, Gordon Brown, se non farà le valigie da solo, presto gliele faranno fare. Mentre la nave britannica affonda, il comandante laburista (Brown) si è incatenato al timone pensando di essere ancora ai tempi della battaglia di Traflgar, mentre tutti i suoi ministri, come topi, abbandonano il vascello, lui crolla nella pancia del mare. Mah, onore a Brown che poi colpe non ne ha più di tante. Questo significa però l'avanzata in Gran Bretagna di un vero e prorpio partito neofascista e la riconsegna futura dello scettro del consenso ai Tories. Ma non è finita, sarebbe troppo bello. Sono giorni che si parla dell'Olanda di Wilders, simbolo di una destra xenofoba e anti islamica (Wilders ha definito il Corano come il Mein Kampf) che si è affermato come seconda forza politica dopo che nel paese delle canne libere e delle prostitute in vetrina sono arrivati i muezzin a coprire il rumore delle birrerie e degli zoccoli di legno. Chi è causa del suo mal pianga se stesso. Avete creato un'apartahid culturale frutto di un'immigrazione indiscriminata? Adesso cuccatevi l'ossigenato Wilders. Chissà la faccia di Martin Schultz, segretario del Pse...

Tanto per farvi un'idea: a seguire c'è il link del sito del Ministero dell'Interno dove potete attingere a qualsiasi dato elettorale
http://elezioni.interno.it/

venerdì 5 giugno 2009

Ma la fama internazionale non è cosa nuova

Le Figaro ha scritto di Caravaggio lo scorso 28 maggio(vedi post precedente), ma se la memoria non tradisce, la nostra cittadella è stata ancora più ombelico del mondo quando nell'aprile del 2008 El Pais ed El Mundo gettarono del fango sulla nomea del nostro comune definendoci "la città più xenofoba d'Italia". Nel mezzo della bufera mediatica che si catenò intorno al caso, il sindaco Giuseppe Prevedini rilasciò un'intervista a Giuseppe Cruciani su Radio24 dentro il programma radiofonico La Zanzara. Qui sotto la possibilità di riascoltare il sindaco di Carvaggio ai microfoni di Radio24, l'intervento è al minuto 49 della trasmissione. Occorre seguire il link al sito di Radio24, premere ascolta e infine spostarsi sul minuto 49 della trasmissione.
http://www.radio24.ilsole24ore.com/main.php?articolo=casta-caravaggio-xenofobia-08-04-2008.xml

Siamo l'ombelico del mondo


Siamo solamente 15mila, o forse nemmeno, siamo famosi per aver dato i natali al maestro Michelangelo Merisi detto il Caravaggio (o forse nemmeno quello), abbiamo un gran bel santuario mariano e adesso siamo sulle pagine de Le Figaro. Non importa se la festa del paese cade in una data talmente sfigata che nessuno la festeggia (il 9 agosto sono tutti al mare e dei Santi Fermo e Rustico ci si dimentica al volo), Caravaggio è come l'ombelico del mondo. Già ma non di un mondo globale, bensì di un mondo a tinte verde smeraldo che si riflette nel sole delle alpi. Insomma merito dell'amministrazione leghista caravaggina che sorprende i transalpini al punto da spingerli a mandare nel comune della bassa bergamsca un inviato speciale per raccontare cosa significhi essere amministrati dalla Lega Nord. Il senatore Ettore Pirovano prima, Giuseppe Prevedini poi, questa la dinastia leghista a Caravaggio, a poche ore dalle elezioni provinciali ed europee, ecco il bilancio redatto dal prestigioso quotidiano francese.

Pennivendolo si, ma non bugiardo: seguite il link qui sotto e buona lettura

http://www.lefigaro.fr/international/2009/05/28/01003-20090528ARTFIG00366-la-ligue-du-nord-deploie-sa-politique-securitaire-.php

Per i meno abili con il francese, qui sotto pubblico una traduzione molto ruspante redatta di mio pugno:

LA LEGA NORD SCHIERA LA SUA POLITICA DI SICUREZZA
Dall'inviato speciale a Caravaggio, R.H.

Telecamere di videosorveglianza, ronde cittadine, l'ordine di bloccare i matrimoni di comodo tra extracomunitari ... La piccola cittadina della provincia di Bergamo che ha dato il suo nome al famoso pittore, non sembra lesinare su come andare a caccia di ospiti "indesiderati".

"Cercano di farci passare per dei razzisti, quando invece noi facciamo solo applicare la legge. Ridiamoci sopra piuttosto". "Non siamo intimiditi dalla confusione dei media", Ettore Pirovano sostiene che ogni immigrato ha il dovere di parlare l'italiano, se si vuole integrare nella comunità di Caravaggio.

Il Vice Sindaco, senatore della Lega Nord e candidato alla carica di presidente della Provincia di Bergamo, uomo affabile e di buona dimistichezza con la lingua francese, si difende dall'accusa di cercare di escludere gli immigrati: "Noi gli diamo l'opportunità di seguire gli stessi corsi di aiuto domestico in dialetto in modo che possano capire i nostri anziani, ad esempio".

L'uomo che ha scaturito il dilemma si chiama Abdelrahman Rafat. Questo 43 enne egiziano, sposato con un'italiana e residente da tempo in città, aveva chiesto la cittadinanza italiana. Tuttavia, davanti al sindaco non è stato in grado di pronunciare il rituale di giuramento di fedeltà alla Repubblica. "Egli ha stravolto il testo che gli ho presentato, prima che mi dicesse che non parlava altro che l'arabo. Ho dovuto rimandarlo a casa. Come può pretendere di integrarsi se non sa l'italiano? "Dice il sindaco di Caravaggio, Giuseppe Prevedini.

In campagna elettorale, il suo gesto è apprezzato dai caravaggini. "Non vogliamo che gli stranieri che non capiscono le nostre tradizioni e il nostro stile di vita", dice un pensionato locale con un forte accento, ai tavolini del Café cacciatori.

Voti record

In questa pittoresca cittadina di 16 000 persone che ha dato il suo nome al pittore Michelangelo Merisi, meglio noto come Caravaggio, l'integrazione linguistica ha una rilevanza fondamentale. In Senato a Roma, la Lega ha sostenuto l'insegnamento dei dialetti nelle scuole come base per l'identità regionale basata su una Carta europea del 1992, affermando il diritto inalienabile dei popoli di parlare la loro lingua.

Silvio Berlusconi è rassicurante: il multiculturalismo non minaccerà Caravaggio. Gli immigrati rappresentano appena il 6,5% della popolazione. Nel vicino comune di Treviglio invece hanno raggiunto il 20%: "E' un comune di sinistra. Lì si accetta chiunque ", spiega Giuseppe Prevedini. Il sindaco ha avuto l'ordine di bloccare la proliferazione di matrimoni misti di comodo. I rom non possono rimanere per più di 24 ore nel territorio, mentre per quanto riguarda le prostitute, sono bandite dai marciapiede.

Per attuare questa politica di sicurezza, il Consiglio comunale ha investito parecchio. Molteplici sono state le telecamere installate: 85 di cui 12 a infrarossi e di video sorveglianza ". Le pattuglie di cittadini per la sicurezza sono state create senza l'approvazione del Parlamento: "La sicurezza è una questione culturale per il consiglio comunale", ha detto. Le associazioni locali - come i carabineri in pensione o la protezione civile e - pattugliano le strade con il telefono cellulare e il fischietto in mano".

Gli elettori apprezzano. A ogni elezione, il tasso di partecipazione ha raggiunto 89 al 90%. E in tre legislature, la Lega Nord ha aumentato il suo elettorato dal 43 al 64%. Forza Italia, prima della sua fusione con Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini, oggi presidente della Camera dei Deputati, ha ricevuto solo il 12%.

Surplus di cassa

Giuseppe Prevedini spiega questo risultato con il fatto che la Lega "è in ascolto per i cittadini." Si cita anche la sua buona gestione, uno dei principali argomenti che spiegano il successo del suo partito in tutta l'Italia settentrionale. Nel comune le tasse di proprietà non superano il 3,7% - uno dei più bassi in Italia. E la tesoreria ha generato lo scorso anno un surplus di cassa di 1,53 euro ... con un budget di 23 milioni di euro: "Questa è la prova che sappiamo controllare le entrate e le spese su base giornaliera".

La città porta i segni di questa gestione. Le strade sono pulite, il pavimento rifatto da zero. Un bel viale alberato porta alla Basilica di Santa Maria del Fonte, imponente santuario mariano del tardo gotico lombardo attirare due milioni e mezzo di turisti l'anno. E vicino al municipio ospitato in un bellissimo palazzo del XIX, una stanza è munita di un museo dedicato a Caravaggio, il bambino prodigio del paese. Le tre scene della vita di San Matteo, decorazione della chiesa di San Luigi dei francesi a Roma sarà "clonato" da una riproduzione in video-stampa.

Il 7 giugno, il sindaco si aspetta che gli elettori confermino la forza della Lega in provincia: "Noi siamo onorati di aver ridato ai nostri cittadini la loro dignità (traduzione non precisa)".