lunedì 31 agosto 2009

Mistero "Boffo"

Parafrasando ironicamente il nobel Dario Fo, comunico il link per la lettura della replica del direttore di Avvenire all'editoriale pubblicato da il Giornale. Buona lettura con l'augurio che il gossip possa smettere di mangiarsi la politica. Ma non è tutto: il direttore di Avvenire ha smentito ripetutamente il fatto imputatogli da il Giornale, ma il quotidiano di via Negri ha pubblicato il certificato del casellario giudiziario. Patacca o documento incontrovertibile? Per trasparenza pubblico anche il link al documento.

LA RISPOSTA DI BOFFO
IL DOCUMENTO


sabato 29 agosto 2009

Chi è senza peccato scagli la prima pietra


Gli avevano tirato l'ennesimo tranello quei bricconi di ebrei, ma il buon Gesù non ci cascò. Avrebbe dovuto condannare l'adultera, rinunciando al suo messaggio di misericordia, oppure assolverla, infrangendo la legge ebraica. Ma Gesù si chinò a terra, come si legge nel vangelo di Giovanni, scrisse qualcosa (che non sappiamo) nella sabbia e poi disse "Chi è senza peccato scagli la prima pietra" (Gio 8,1-11). Ebbene le coscienze tremarono e l'adultera fu risparmiata dalla lapidazione.
Il vangelo è sempre illuminante come fonte di lezioni di vita, come bagaglio di ethos che accompagna l'uomo lungo il corso dei millenni. Eppure chi il vangelo dovrebbe conoscerlo a menadito, sembra che necessiti di una bella rinfrescatina catechistica. Mi riferisco alla brutta storia in cui è finito il direttore di Avvenire, Dino Boffo. Per chi non lo sapesse, il Giornale del direttor Feltri ha pubblicato un editoriale in cui si svelano i trascorsi discutibili del direttore del quoridiano della Cei in materia di condotta (più o meno sessuale) conclusi con una condanna a sei mesi commutata in pena pecuniaria per molestie telefoniche. Boffo avrebbe avuto degli attriti telefonici con la compagna dell'uomo con cui aveva una relazione omossessuale. Gossip di bassa lega verrebbe da dire, ma sono due le considerazioni che invece devono essere fatte.
La prima riguarda proprio la scelta editoriale fatta da Avvenire in questi ultimi mesi. Il quotidiano della Cei ha scelto di agire da organo moralizzatore e bacchettone nei confronti di Berlusconi man mano che mergevano i pettegolezzi sbandierati da Repubblica. Insomma, i vescovi sono diventati infallibili conoscitori delle peripezie sessuali del premier ignorando però (o fingendo di ignorare) quanto combinava il direttore del loro giornale. E Feltri, che non è certo uno sprovveduto o un ingenuo, ha reso pan per focaccia.
La seconda considerazione riguarda invece il punto più delicato e ignorato della questione, ovvero l'omossessualità di Dino Boffo. Mi correggo, più che l'omossessualità del direttore (che sinceramente non è e non deve essere un problema) mi disgusta l'ipocrisia che aleggia nella Chiesa. Mi si spezza il cuore nello scrivere ciò, proprio di fornte alle battaglie verbali che spesso mi sono trovato a combattere con amici e colleghi per tenere alto l'orgoglio dell'essere cattolici. Oggi me ne vergogno. Come si sa l'omossessualità in ambito vaticano non è proprio ben vista, anzi. Però adesso salta fuori che uno degli uomini più importanti per la comunicazione della Chiesa in Italia è un omossessuale. Ma chi vogliono prendere in giro? I sommi sacerdoti fanno i moralizzatori con gli umili e chiudono gli occhi con i potenti? Il singolo fedele deve confessare questa "devianza", ma se si è direttori, presidenti e via dicendo si può godere d'indulgenza plenaria? Ho amici preti e amici omosessuali, saranno queste le domande che vorrei porre agli amici del clero, perché da fedele, da cattolico praticante mi sento un po' offeso e preso per il naso.
Forse questi sommi sacerdoti dovrebbero ritornare al buon caro e vecchio Gesù come essenza del cristianesimo (come diceva il proibito Hans Kung) e non al politichese e al ruffianaggio che si sembra respirare di questi tempi. "Chi è senza peccato scagli la prima pietra".

mercoledì 26 agosto 2009

Voi chiamatelo beduino...


E' passato ormai un mese dall'ultima volta che sono intervenuto su questo blog, vuoi le ferie, vuoi la canicola estiva e una sana dose di pigrizia. Tuttavia eccomi tornato. Solitamente ad agosto non si legge nulla di particolarmente interessante sui quotidiani, sono infatti decisamente più interessanti i rotocalchi scandalistici con le loro fiumane di top less in bella vista e chiappe intente a rosolare su spiagge di mezzo mondo. Eppure nel cuore dello "zero informativo" un argomento degno di nota e commento c'è: Gheddafi.
Gheddafi, un nome che suona come una spina nel fianco, un problema di non facile soluzione. Si legge ini questi giorni di posizioni estremamente critiche nei confronti della scelta del governo di recarsi in visita in Libia, poiché il colonnello è un personaggio dal passato torbido, legato al terrorismo internazionale e avverso allo stato di Israele. Tutto questo almeno fino al 2006, quando L'Onu con una risoluzione ha riabilitato la Libia in seno a un impegno per il mutamento di comportamento. Il problema oggi sembra però uno soltanto. Gheddafi è l'uomo nero solo perché ha stertto un rapporto diplomatico con Berlusconi.
Ci si appella a qualsiasi cosa pur di screditare il governo davanti agli impegni diplomatici con l'ex colonia, l'importante è ridicolizzare Berlusconi. Purtroppo solo uno stolto non può vedere l'oro che luccica in fondo al pozzo libico. I numeri parlano chiaro: una riserva da 44 milirdi di barili di greggio e 6,5 miliardi di tonnellate di gas e una produzione di 1,9 milioni di barili possono essere già una buona ragione. A ciò, senza dimenticare che l'Eni è il partner energetico privilegiato dal Colonnello, aggiungiamo che il problema immigrazione è radicato proprio sulle coste libiche da cui partono le carrette del mare. Credo di potermi fermare, le buone ragione per creare i presupposti per una collaborazione internazionale ci siano davvero tutti. Dimenticavo: dal 2004 tra la Sicilia e la Libia è attivo un gasdotto, mentre l'Eni ha firmato un contratto che prevede 28 milirdi di dollari di investimenti per l'esplorazione di nuovi giacimenti per i prossimi dieci anni (già si partla di proroga a 25 anni). Se l'energia è uno dei nodi fondamentali della politica, solo Tafazzi con la sua bottiglia e il pannolone direbbe di no.
Ma vediamo chi è che fa lo schizzinoso con Gheddafi. A prescindere dal fatto che le trattative di rivvicinamento con la Libia furono con successo intrapprese da Prodi prima ancora che da Berlusconi, gli eminenti politici che criticano i rapporti con la Libia sono coloro che per anni sono stati ispirati da Mao, Lenin, Castro; che hanno ricevuto finanziamenti più o meno leciti dal regime sovietico (non certo il Paese delle meraviglie) o che in nome dell'autodeterminazione culturale dei popoli hanno spalleggiato con quel terrorista di Arafat.
Gheddafi è Gheddafi, non ci sono mezze parole per descriverlo. Forse le parole giuste le troverebbero i familiari dei passeggeri del volo Pan Am 103 schiantatosi a Lockerbie in Scozia il 21 dicembre 1988. Ammettiamolo: ne faremmo decismente a meno, ma la realpolitik impone le sue regole e se vogliamo continuare a vivere legati al cordone ombelicale del petrolio, dobbiamo accettare di avere a che fare non con uno, ma con cento di questi Gheddafi.