lunedì 2 marzo 2009

Quando anche gli avversari conoscono i media


Con la puntata di Che tempo che fa Dario Franceschini cambia volto. Un'evoluzione, da bruco a farfalla, da punto interrogativo a pareggio sulla linea del traguardo. Non si tratta di chissà quale trovata politica, ma dell'intuizione che l'unico modo per rivaleggiare ad armi pari con Berlusconi è quello di affrontarlo sullo stesso terreno, quello della comunicazione. Che di fatto la proposta degli assegni per i disoccupati, ricavando i fondi dalla lotta all'evasione, sia una sparata bella e buona, poco conta. Il neo segretario del Pd ha capito che per competere con il cavaliere bisogna combattere a suon di spot. Ma è con le sparate che si fa politica? Panem et circem...
Comunicare, comunicare e ancora comunicare. L'imperativo categorico assoluto non sembra essere più il littorio Vincere! Un volto fresco, l'abilità di fare della crisi economica il pretesto d'attacco, una trasmissione con un presentatore amico e il gioco è fatto. Sono così finiti in soffitta i gerontocomici discorsi prodiani, piuttosto che l'arzigogolata retorica veltroniana. E' presto per cantare vittoria, ma attenzione. Forse i compagni di partito di Franceschini lo hanno ritenuto, a torto, un personaggio di transizione (traviando anche il sottoscritto). Ricordate cosa avvenne con l'elezione di Bettino Craxi alla guida del Psi? Bè anche lui, si diceva, avrebbe dovuto rappresentare una fase transitoria. Peccato che la storia ci racconti il contrario.
Non che mi interessi particolarmente che Franceschini faccia carriera, anzi. Diciamo piuttosto che siamo al primo grado di una crescita che potrebbe diventare interessante nella bagarre politica col cavaliere. Il prossimo passo sarà la progressiva capacità di occupazione dei media e infine un pacchetto di contenuti che non suonino come colpi di pistola a salve.
Dico a salve perché è chiaro che anche stavolta il Pd si è tirato la zappa sui piedi. Se l'esecutivo Prodi non avesse levato il sistema pensionistico maroniano a scaloni, adesso lo stato godrebbe di un tesoretto cospicuo per poter provvedere agli assegni anti crisi osannati da Franceschini (vedi La Stampa odierna). Inoltre inutile dimenticare che proprio Veltroni, in campagna elettorale, cantava l'uscita dei partiti dalla Rai, mentre il suo ultimo atto politico è stato proprio l'atto lottizzatorio della tv di Stato. Quale sciagura sarebbe stata la coerenza se oggi scopriamo nel neo segretario del Pd un bel volto videogenico?

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