domenica 22 marzo 2009

La difesa è il miglior attacco. Il fisco ruggisce dallo scudo


Capitale fresco che torna in patria in momenti di crisi, o una norma che assomiglia di più a un mega condono per ricconi che hanno nasconto e insabbiato capitali all'estero? L'Europa si interroga sugli scudi fiscali, ovvero quei pacchetti normativi che dovrebbero favorire la riemersione di capitali tenuti celati nei paradisi fiscali di mezzo mondo, andando così a mettere in difficoltà quei paese che mantengono un profilo ambiguo e non collaborativo con il fisco nazionale.
L'applicazione dello scudo non è una novità di questi giorni, sono infatti anni (2001 e 2003) che l'Italia guida il carosello degli Stati che si sono fatti avanti su questa strada. Tuttavia, il recente sciopero generale indetto dai sindacati francesi riportava la richiesta di annullmannto della decisione dell'Eliseo di imporre un tetto massimo del 50% allo scudo transalpino. La sinistra francese rimprovera a Sarkozy che non è tempo di proporre provvedimenti per coloro che già nutrono discrete possibilità economiche e finaziarie, bensì urge un completo rilancio in chiave non protezionistica (si veda il recente caso Renault), e non un apparato normativo ad hoc per i più ricchi.
Una linea simile fu quella che sposò l'opposizione italiana nel biennio 2001-2003, quando il ministro Tremonti varò il primo piano di scudo fiscale per richiamare capitali in patria. Allora si disse che si sarebbe trattato di un vergognoso condono per quelli che, per evadere le tasse, avevano nascosto denaro all'estero (non del tutta errata come visione). Tuttavia, col senno di poi, dobbiamo ricrederci. Se in politica a volte occorre turarsi il naso, forse quella dello scudo fiscale è un'occasione da non sprecare alla luce dei numeri che conseguono dal disegno elaborato allora da Tremonti. Ebbene, in Italia sono rientrati 83 miliardi di euro, ovvero denaro che ritorna sotto la visibilità fiscale, che a sua volta ha maturato un gettito di tutto rispetto.
Ad oggi gli Stati membri dell'Unione non hanno ancora delineato un piano globale in materia di scudi fiscali, tuttavia la tendenza dell'asse franco-tedesco è più che mai indirizzato alla "punizione" dei paradisi di deposito. La decisione incisiva, stando a quanto sembra essere uscito dal vertice dello scorso 12 marzo, consisterà in un rientro fisico dei capitali esportati e non solo "giuridico". Ora, per cinismo, non ci resta che gettare un occhio alla vicina Svizzera e sogghignare in attesa di una contromossa elvetica. Senza uno scudo sarà difficile sperare nel rimpatrio, pena una pesante morsa sanzionatoria, ergo avanti Savoia!

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