martedì 17 febbraio 2009

Guelfi e ghibellini unitevi


Potrebbe essere letta come una prova di neoguelfismo, un rigurgito clericale, l'ennesima prova di ingerenza della Chiesa nella vita di noi umili peccatori. Il caso Englaro invece ci ha dato prova del contrario. Mentre l'opinione pubblica si spaccava sulla breccia della domenicale passione calcistica, come se si potesse fare il tifo pro o contro la vita di un indigente, dalla Chiesa non sono state lanciate crociate o scomuniche, ma solo il silenzio della preghiera di compassione.
Sia chiaro che con Chiesa ci si riferisce all'istituzione e non alla grande famiglia dei fedeli che, ahimé, questa volta si sono lasciati andare all'impeto del girotondismo sotto le finestre della clinica friulana.
Il punto è proprio questo. Parole parole parole, cantava Mina. Accuse, ingiurie, prese di posizione, faziosità, rabbia... l'elenco potrebbe continuare all'infinito. Ma è possibile che davanti alla sofferenza perpetuata per 17 anni ci si riduca a tanto? Un vessillo di dolore, ecco quello che è stato fatto della povera Eluana. Una bandiera da sventolare per sostenere confusionarie tesi sul valore della vita e sulla dignità della stessa, come se spettasse a noi uomini sentenziare sull'universale valore dell'esistenza. Non si tratta di ingerenza o laicità, libero arbitrio o schiavitù clericale, bensì di mero opportunismo intellettuale.
La vicenda avrebbe dovuto svegliare le coscienze di tutti, senza creare presunte rotture istituzionali o dimissioni dell'ultima ora da prestigiosi format televisivi. La Repubblica Italiana è uno stato laico e non laicista, e questo ci deve porre nell'ottica di uscire dal pantano della cronaca per poter spingere oltre lo sguardo su una questione scottante come l'interruzione volontaria delle cure. Ai giornalisti non spetta di sentenziare su cavilli medico-legali, ma prendere per mano i lettori e portarli a compiere quel giro di boa civico che conduce alla presa di coscienza della laicità dello Stato in cui viviamo. In altre parole, non è degli uomini emettere sentenze di vita o di morte sulla vita di altri uomini. E' invece degli uomini poter esercitare il grande dono fattoci da Gesù stesso: l'applicazione del libero arbitrio, giusto o sbagliato che sia. Lo stesso Cristo nell'orto degli ulivi, a poche ore dalla propria morte, venne colto dalla tentazione di rinunciare a morire per l'umanità, candendo vittima del demonio. Per fortuna nostra (e non sua) accettò il disegno del Padre, ma dove sta scritto che ognuno di noi debba sottomettersi a una prova tanto ardita?
Il Papa non ha fatto altro che pregare per l'anima di Eluana, mentre noi, idioti, ci scannavamo tra uomini dimenticando lentamente il dolore di un padre, un dramma famigliare e le sofferenze di una donna.
Probabilmente una proposta di legge sul testamento biologico ci condurrà a essere veramente padroni della nostra libertà di poter scegliere del nostro destino. Non importa come, non spetta agli uomini giudicare la scelta del singolo, ma deve essere impegno di tutti battersi per far si che l'esercizio del libero arbitrio possa essere esercitato. Così forse, cattolici e laici si prenderanno per mano come cittadini dello stesso Paese. Così dimenticheremo l'orrida visione di un paese spaccato come bande di hooligans, ai piedi del letto di morte di un'anima straziata.

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