giovedì 17 novembre 2011

Oltre i Monti dello spread



Habemus Monti! Nel cirpame gossipparo del retroscena "politico" scatenato dopo la cermonia del giuramento del neonato governo, il Pennivendolo sta provando ad alzare lo sguardo oltre la linea dell'orizzonte. Tutti scrivono e parlano di questo nuovo esecutivo super tecnico, di questo "governo di secchioni" che ancora deve presentare un qualsiasi programma, perdendo però di mira l'oggetto della discussione: l'Europa. Nello scorso post ho puntato il dito contro il fallimento politico dell'eurozona e oggi - dati alla mano - avrei il piacere di mostrarvi cosa veramente sta succedendo all'interno del nostro continente.

Partiamo dalla bestia nera che è la causa prima della dipartita di Berlusconi: il demonio dello spread. I più ottimisti speravano che nelle 12 ore seguenti la nomina di Monti i mercati avrebbero regaito positivamente, assecondando l'ebbrezza per la novità, ma così non è stato. Su questo punto resto fiducioso che l'esecutivo farà il suo corso e qualcosa cambierà, ma dicevo, proviamo ad alzare il tiro.

A soffrire la tenaglia dei mercati non è stata solo l'Italia: due giorni fa le piazze continentali hanno chiuso tutte al ribasso. Solo per citarne due: Parigi -1,92% e Francoforte -0,8%. A ciò si deve aggiungere che dall'inizio dell'anno Wall Street ha annullato tutte le perdite, mentre i listini europei continuano a viaggiare complessivamente sotto lo zero. E adesso la bomba: dopo il disastro borsistico della piazza di Atene (che non è una notizia), sorprende che la medaglia d'argento dei peggiori spetti all'Austria ferma su un -35%. E pensare che c'è ben poco di più solido e virtuoso che l'econimia di Vienna. E che dire della Finlandia che nell'ultimo anno ha vissuto un'ingloriosa impennata del rischioPaese? Evidentemente il problema non siamo solo noi, cosa diavolo sta succedendo allora?

I mercati non si fidano più dell'Europa. Se gli investitori bastonano anche l'Austria significa che l'eurozona dovrebbe guardarsi allo specchio e farsi un bell'esame di coscienza. Come scrivevo i giorni scorsi, ci troviamo di fronte a un'unione monetaria fine a se stessa che di fatto non possiede un'infrastruttura centralizzata più penetrante della Bce; un'unione dove i debiti dei singoli Stati servono a creare europei di classe A e di classe B , a sancire chi comanda e chi deve essere minacciato. Azzardiamola, ma così sembra che l'Eurozona assomigli molto a una corte di vassalli dell'asse franco-tedesco.

La mancanza di fiducia dei mercati nei confronti dell'Europa è quindi da ricercare all'interno dell'Europa stessa. La Germania si difende a oltranza e impone una leadership e poco importa se dal prossimo anno il rischio stagnazione non è da escludere nemmeno per la corazzata teutonica. Altro esempio è la gestione della crisi greca, con l'esposizione scriteriata degli istituti di credito francesi e le decisioni tedesche hanno portato a ricapitalizzazioni borsistiche di miliardi di euro. Insomma, o si cambia, o che senso ha andare avanti così? Io non mastico economia, ma qualcuno deve dirci dove si vuole arrivare.

C'è un altro dato che vi voglio sottoporre. Si dice che il vulnus primario italiano sia il debito e che lo spread cresca per la sua tendenza all'insolvenza. Prendiamo però il caso americano (con le dovute considerazioni). Partendo dal fatto che la potenza produttiva degli Usa sia ben altra cosa rispetto al Belpaese, resta di fatto che gli States, a fronte di un debito pari al 100% del Pil (dato peggiore della media europea), abbiano piazzato lungo il 2011 ben più T-Bonds rispetto ai Bund tedeschi. Nonostante tutto quindi i mercati si fidano degli Usa, soprattutto gli speculatori cinesi. In tutto ciò mi stavo dimenticando che ben presto i francesi perderanno al tripla A di rating, altro punto da non sottovalutare.

E ora veniamo all'indicibile. A un certo punto qualcuno potrebbe iniziare a parlare di fuoriuscita dall'euro. Diciamolo sottovoce perché la cosa sembra essere un tabù della peggiore pornografia economica, eppure non è da escludere. Per l'Italia sarebbe una stangata di proporzioni bibliche, ma per gli Stati scandinavi, piuttosto che per l'Austria e la Germania? Di fatto un'uscita dall'euro significherebbe una valutazione di crediti e debiti nella conversione in moneta corrente dei singoli Stati "virtuosi" e non un bagno di sangue come avverrebbe in Italia, Spagna o Portogallo dove la contropartita estera si giocherebbe in euro contro monete deboli come Lira e Pesetas. Ci vorrebbe una sfera di cristallo.


cremonesi1984@gmail.com

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