mercoledì 15 aprile 2009

La scossa mediatica dell'Abruzzo


I terremotati si fanno la doccia. I terremotati mangiano. I bambini terremotati giocano. Non ci crederete ma i terremotati abruzzesi vanno anche in bagno. Sono notizie sensazionali, scoop, approfondimenti di un certo livello. Condiamo il tutto con un bel sottofondo di violini strappalacrime, proprio come quelli degli zingalrelli in metropolitana, uno zoom su un orsacchiotto che sbuca dalle macerie e l'audience è assicurata. Show business. Non è il caso di inventarsi chissà quale termine sociologico, piuttosto che esplorare nuove frontiere mediatiche, quello che il panorama informativo offre a una settimana dalla tragedia del sisma abruzzese è puro intrattenimento, o garbage mediatico qual si voglia.

Abbiamo visto giornalisti inseguire anziane signore davanti a un cesso chimico per chiedere come sia la situazione dei servizi igienici. Idioti. Se non lo avete mai fatto immaginate come può essere comodo e agile fare la cacca in un gabinetto chimico. Abbiamo visto giornalisti fermare persone in ciabatte e accappatoio mentre uscivano dalle docce per chidere come fosse l'ebbrezza di lavarsi in un container. Idioti. Quelle sono persone e non attori su un set. E quella che si sta producendo non è informazione ma feticismo mediatico. Vedere, vedere, vedere ma l'importante è non capire. Chissenefrega del sisma. In fondo non è che un'occasione come un'altra per trasformare la verità in un reality show.

Ma ce n'è per tutti i colori dell'indignazione. Come dicevo, finiti i servizi su come si cuoce una pentola di spaghetti al sugo nella tendopoli de L'Aquila, ecco che il sipario si apre sulla straziante processione di bare che lasciano il capoluogo abruzzese. Violini, voce narrante che racconta storie di giovani vite spezzate, uno zoom a sfuocare et voilà, les jeux sont fait. Un minuto di servizio giornalistico bello che pronto a incollare milioni di persone allo schermo all'ora di cena e far loro esclamare quel patetico e irrispettoso "poveretti", tra una forchettata di bucatini e l'altro (per poi cambiare canale al volo perché inizia Chelsea Liverpool).

Per i signori del giornalismo televisivo (e non solo) ecco cosa valiamo. Milioni di pirla da mantenere incollati allo schermo, contenitori da riempire senza informare, bocche da nutrire con quel surrogato da 1984 che è la televisione del vero. Perché tutto il gotha del giornalismo intellettuale non si fa un bell'esame di coscienza per iniziare a raccontarci quello che veramente conta? Costa fatica, meglio evitare. Indagate, indagate e indagate ancora. Spero che qualcuno prima o poi mi faccia sapere nomi e cognomi di quei farabutti che hanno approvato i progetti degli stabili crollati. Spero un giorno che qualche giornalista mi dica chi e come speculerà sui fondi di ricostruzione. Spero un giorno che qualcuno mi spieghi come funziona l'iter di approvazione e il carico di responsabilità di un progetto edilizio. Spero, spero e ancora spero. Invece di continuare a ripetermi nella testa "baracche, baracche e ancora baracche".

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