mercoledì 3 novembre 2010

IL DEMOCRATICO


Alla fine lo hanno preso. Almeno credo. Se non l’hanno ancora fatto lo faranno presto. Peccato che sia finita così, io glielo avevo detto da tempo che in linea di principio aveva ragione, ma la lotta era da combattere dentro al sistema. Entra nel sistema per cambiarne i connotati partendo dalle radici. Insieme si può. We can. Purtroppo quello del bombarolo è un film già visto, un racconto di cui abbiamo già letto il paragrafo finale. Mi piace ricordarla come la storia dei compagni che sbagliano, che cambiano campana pur senza rinunciare al nobile intento del raggiungimento dell’uguaglianza fraterna tra i popoli. Si esatto, un fratello che ha sbagliato. Ma proprio ha sbagliato tutto, soprattutto nel momento in cui tra noi soffiava questo vento di cambiamento proveniente oltreoceano, questa brezza innovatrice che avrebbe spazzato via - partendo dalle piazze - tutto il circo di nani, acrobati e ballerine della maggioranza. Peccato. Con lui se ne andrà un bel pezzo della mia infanzia.
La lotta continua. Non fraintendetemi. Nei luoghi e coi mezzi che la Costituzione ci ha fornito, senza discriminare minoranze e continuando a indignarci per ogni bravata mediatica che il nuovo tiranno ci regala di settimana in settimana. E’ un lavoro duro il mio: riunioni, congressi, commissioni, confronto con i vertici del partito e poi le discussioni in aula. La guerra se si fa si fa bene. Abbiamo denunciato che la stampa è al soldo di qualcuno, ma tanto abbiamo la nostra che ci segue. E se nessuno legge la nostra stampa di partito? Non importa abbiamo i finanziamenti pubblici che ce la sostengono. Quella della libertà d’espressione è un sacrosanto diritto da garantire, a costo di mettere le mani al portafogli dello Stato. E così noi non ci vergognamo di spendere denaro pubblico per scrivere un giornale che non legge nessuno, perché il giorno in cui ci sarà impedito farlo, allora sarà ora di impugnare le armi proprio come ha fatto il nostro amico bombarolo. E questo sia mai: noi siamo democratici.
E’ successo lo stesso con la televisione di Stato. Noi siamo democratici - come i democratici americani e i laburisti inglesi - però abbiamo visto l’assalto alla diligenza per la spartizione dei poteri dentro la tv pubblica, così ci siamo vestiti da cow boy e ci siamo lanciati alla conquista del nostro fortino insepugnabile. Ora abbiamo un canale tutto nostro, un piccolo Fort Alamo dove combattiamo strenuamente, assumiamo solo giornalisti che stanno dalla nostra, ma soprattutto proponiamo una televisione di qualità. Non importa se nessuno la guarda perché la popolazione preferisce quella del nemico. Noi la facciamo lo stesso perché è un servizio pubblico. Il pluralismo è importante, è una questione di vita o di morte. Immaginate cosa potrebbe essere uno stato senza pluralismo. Noi combattiamo ogni giorno per quello. Ogni giorno occupiamo - o quanto meno cerchiamo di farlo a suon di cazzotti - una fetta di potere per garantire il pluralismo. Se dovessimo mollare questo potere si cadrebbe in una dittatura fatta di escort, leccaculi, massoni e chi più ne ha ne metta. Non sia mai: prima la nostra fetta di potere e poi si parla del resto. Lo stesso lo abbiamo fatto con le banche, le compagnie di assicurazione, le cooperative della grande distribuzione e via. Il potere va spartito.
E non è vero che abbiamo tralasciato il resto. La ricerca universitaria, la libertà di immigrazione, l’abbattimento delle tasse, la lotta al malcostume della politica, la guerra alla mafia, la pace nel mondo. Sono tutti punti fondamentali, ma attenzione. Al governo non ci siamo noi. E’ quindi nostro compito fare i conti senza l’oste e resistere, proprio come i nostri nonni resistettero sulle montagne per cacciare i nazifascisti. Perché la Resistenza non è una circoscrizione storica ancorata alla memoria di più di sessant’anni fa, bensì è una condizione esistenziale in cui vivono grandi valori. Ecco perché noi democratici siamo tutti amici dell’associazione nazionale partigiani: non importa se di partigiani del tempo non ne sia scampato mezzo, sono i giovani a doversi iscrivere.
Prendo spunto da questa citazione dei valori della Resistenza per puntualizzare su una questione. Come i partigiani non scesero a compromessi con l’invasore nazista, noi altrettanto abbiamo scavato un solco profondo tra noi e il Presidente del Consiglio. Un solco invalicabile da parte nostra, ma aperto a chi vuole fuggire dal partito azienda. Si è voluto radicare il sistema bipolare anche in Italia e noi abbiamo accolto l’invito fondendo insieme comunisti, democristiani, cattolici dell’Opus dei ed ex radicali. Perché per noi le diversità sono un valore. Il relativismo puro è un valore, perché il singolo deve potersi esprimere liberamente. In passato la pensavamo radicalmente all’opposto, ma si sa, i tempi cambiano e con esso le ideologie muoiono e le convinzioni cambiano.
Sono fiero di potervi dire che di giorno in giorno quel solco è aumentato fino a divenire una vera e propria cortina di ferro. Ora la lotta politica la stiamo portando contro il malcostume personale del presidente perché nel frattempo il resto può aspettare. Mica siamo noi a governare. A noi spetta il ruolo dell’opposizione e come tale il nostro obiettivo è quello di mandare a casa questo tiranno da strapazzo. Sono quindici anni che ci proviamo senza grandi successi, ma sono sicurissimo che - tra le mille storie di escort e festini - questa volta abbiamo trovato quello giusto.
Salute a te bombarolo. Se ti fossi accomodato al mio fianco in Parlamento quanto te lo dissi, ora saresti qui a sperare di godere al più presto della caduta del grande satana. Nel frattempo penserò a te ricordandoti il coraggio e la grandezza di personaggi come il reverendo King, il presidente Kennedy, Madre Teresa di Calcutta... insomma, i grandi del Pantheon Democratico.

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